IL PALAZZO CIVICO DELLE ARTI E IL MUSEO ARCHEOLOGICO

Il Palazzo sito in via Pisacane, è oggi la sede del Palazzo Civico delle Arti della Città di Agropoli. Costruito nel 1892 come residenza estiva della famiglia Cirota – benestante famiglia cilentana – ha cambiato più volte utilizzo nel corso degli anni fino a divenire – nel 2011 – il “Palazzo Civico delle Arti” quale struttura espositiva dedicata all’archeologia e all’arte. Ospita al pian terreno il museo archeologico, visitabile gratuitamente tutto l’anno, con una ricca sezione archeologica che illustra, già a partire dalla prima sala, la storia della colonizzazione, dell’evoluzione e dei traffici commerciali dei popoli che si affacciano sul bacino del Mediterraneo. I reperti archeologici qui conservati illustrano la storia del territorio agropolese. La sezione dei corredi funerari lucani del IV secolo a.C. ne è l’esempio. I corredi sono riconducibili alla bottega del famoso ceramista pestano Assteas, come attestato dal Cratere e dal Lebes Gamikos provenienti dalla famosa tomba a camera dipinta a doppia deposizione – maschile e femminile – proveniente dalla località Contrada Vecchia di Agropoli. L’ultima sala documenta la fase tardo-antica che visse questo territorio, riscontrabile grazie ai materiali rinvenuti nella necropoli situata nella località San Marco di Agropoli. Particolarmente rilevanti sono il sarcofago in marmo italico risalente al III secolo d. C., ornato da un bassorilievo di pregevole fattura rappresentante scene riferibili al culto di Dioniso, e l’epigrafe su pietra tombale del V secolo d. C., primo documento attestante l’inizio del culto cristiano in questa zona. Al primo piano del Palazzo Civico delle Arti, un’ area espositiva è dedicata all’arte: mostre di pittura, scultura, fotografia, si alternano con regolarità durante tutto l’anno e viene utilizzato per importanti convegni e manifestazioni socio-culturali.

Il senso della luce e la forza della materia nella scultura di Pasquale Simonetti

Quando ho visto per la prima volta le opere di scultura di Pasquale Simonetti, sono rimasto letteralmente frastornato, disorientato, confuso, per una emozione indicibile, mista a stupore, in uno stato di profonda commozione e, nello stesso tempo, di ripiegamento interiore su me stesso, per ritrovare e ricomporre nella mia memoria la scultura degli Egizi, dei Greci, degli Etruschi e dei Romani, fino a giungere a Michelangelo e all’arte del Novecento e degli inizi del Terzo Millennio. Osservando attentamente e analizzando criticamente le opere che avevo davanti, cominciavo a leggere i segni di una naturale bellezza interiore e di una policentrica fecondità ideativa nel marmo, nel legno e in tutte le molteplici componenti strutturali e fisiche delle diverse creazioni operate dall’artista, rendendomi conto, sempre più e sempre meglio, che nella scultura, più che nelle arti figurative, s’incontrano la materia e lo sguardo di chi osserva, lo spazio e il tempo, l’arte e la natura, in un’immagine vivente del futuro. Da qui è nato il titolo che ho dato a questa mia modesta e umile ricerca di appassionato di estetica e di tutte le forme espressive di una possibile e onesta filosofia dell’arte: “Il senso della luce e la forza della materia nella scultura di Pasquale Simonetti”. È un grande scultore che lavora con materiali diversi e decanta il senso della vita con opere egregie utilizzando legno ricavato da varie piante, basalto, quarzite, piperno e altri elementi, per esprimere sentimenti umanamente veri, in una progettualità compositiva che si ispira all’armonia dei Greci, alla potenza immaginativa degli Egizi, alla malinconia degli Etruschi e alla pragmaticità della scultura romana, offrendo all’osservatore scenari di grande spettacolarità e di sofferta umanità, senza cadere mai nella retorica o nella visionaria appariscenza di mondi vuoti e privi di sostanza. Nelle sculture di Pasquale Simonetti si possono ammirare una immensa vitalità e una grande leggerezza, un intimo contrasto tra masse geometriche e figure, in una tensione emotiva che anima e sorregge lo spirito dell’artista. In certe opere sembra quasi che avvenga una metamorfosi, una mutazione dello sfondo che trasforma la pietra e il legno in una rappresentazione di simboli e di significati che mi fanno pensare al Rinascimento e, sia pure indirettamente e in diversi contesti storici, a Michelangelo. Pasquale Simonetti lavora con grande umiltà e razionale consapevolezza dei suoi limiti e delle sue potenzialità ideative e compositive. Ci fa vivere momenti scolpiti tra le onde del tempo, uomini e donne che sfiorano delicatamente la vitalità di impulsi e di emozioni che restano scolpite dolcemente nella memoria dello spettatore, scavando nell’anima solchi di malinconia, sensazioni e desideri di una vita nuova, tra bassorilievi che sembrano sospesi nel tempo, in una metamorfosi incessante, raffigurando uomini e donne che cadono, ma trovano in se stessi la forza necessaria per rialzarsi e guardare il mondo con fiducia, sapendo che la vita degli esseri viventi s’immerge faticosamente nell’infinita armonia dell’universo. Chi osserva attentamente le opere di Pasquale Simonetti, uomo di età matura, ma giovane dentro l’anima, si accorge che l’arte, quella vera, può dare un senso alla vita, senza che l’umanità venga travolta dall’inesprimibile e mai sopìta malinconia dell’infinito.

Nola, 10 dicembre 2017

Prof. Luigi Simonetti
Filosofo, appassionato d’arte